
Perché le donne sono, a volte, così crudeli con le altre donne? Perché si fa fatica ad essere generosi con chi, in passato, lo è stato con noi? Perché la gelosia, il senso del possesso? Perché si fa così fatica ad accettare il desiderio di solitudine, in una donna?
Nessuna facile risposta, le domande restano aperte.
Uscito nel 1921 per l’editore Le Monnier di Firenze questo libro di Maria Messina contiene otto racconti.
Caratteristica principale dei testi dell’autrice siciliana sta nel tenere assieme temi estremamente drammatici con un tono essenziale e a volte addirittura comico. Contemporanea e amica di Verga, Maria Messina ha una chiave interpretativa delle umane vicende molto personale.
Il disagio di cui i suoi uomini e le sue donne soffrono ha certo un’origine sociale, ma non necessariamente economica ed è da riferirsi, più che ad altro, alla voce: grandi questioni dell’umanità.
È difficile capire (nel racconto che apre la raccolta, Rose Rosse) la mancata ribellione di Bibò, (soprannome di Liboria) che ha ceduto in eredità il suo intero patrimonio alla nipote Michelina (la figlia del fratello), e ha rinunciato a sposarsi. Perché accetta che la cognata Angela la maltratti e le dia della «vecchia ridicola»?
È difficile perché bisognerebbe rispondere a una questione precedente, e cioè: perché Bibò è stata così generosa? Si aspettava che i parenti avrebbero fatto altrettanto con lei? Perché l’ha fatto?
«Il fratello le aveva dato una famiglia», ci suggerisce l’autrice.
Ma è questo, ciò che Bibò davvero pensa? È la disponibilità ad amare, sempre e comunque, a fare di Bibò un personaggio estremo, nonostante tutto?
Difficile dire da cosa sia determinato il percorso di radicalità che i personaggi di Maria Messina, spesso donne, intraprendono.
Bibò non si pentirà mai di essere stata così generosa, e la sua scelta di isolarsi, di chiudersi al mondo e alla famiglia è, forse, solo un gesto di estrema dignità, l’ultima che le resta.
È un mondo in apparenza immobile, quello dei racconti di Maria Messina. A modificare la vita dei suoi personaggi non sono rivoluzioni sociali, guerre, o catastrofi, naturali o economiche. Nei piccoli centri dove sono ambientate le sue storie, di questi eventi non arriva che l’eco.
Bastano però un viaggio, un matrimonio, un incontro a cambiare tutto. Dietro questa apparente semplicità l’autrice affronta temi fondamentali. Non è necessario allontanarsi dalla propria stanza perché l’ordine del tempo venga invertito, allungato, reso più breve, così come non è necessariamente la morte, il vero dramma. Lo sperimenterà Luciuzza, la bambina che avrebbe voluto andarsene con la madre Ajta e che viene, invece, adottata dalla famiglia del padre. Il restare in vita le farà conoscere un mondo piccolo, miserabile, di concepire le relazioni, (“La nonna, la stessa nonna che avrebbe dovuto amare la nipotina, la figlia di suo figlio, non la vedeva di buon occhio”), un mondo al confronto del quale la morte si presenta come una liberazione.
Uguale tragico epilogo quello del racconto Veste color caffè. Protagonista, in questo caso, il giovane Eliodoro.
Marina, la sua giovane fidanzata, non vuole che vada ad arruolarsi. Così fa un voto, nella speranza che venga rifiutato dall’esercito. Se tornerà a casa, dice, lei indosserà un saio. Ma del saio (la veste color caffè, del titolo), non ci sarà bisogno.
Il suo desiderio verrà esaudito: Eliodoro verrà rifiutato per un grave difetto cardiaco. Considerato inabile non sarà in grado di affrontare sofferenza e umiliazione.
Non mancano i momenti comici nel racconto Il telaio di Caterina o in un altro, intitolato Camilla.
Nel primo, le sorelle Marietta e Caterina, orfane, vivono in provincia con gli zii, lavorano al telaio, e si vogliono un gran bene. Ma Marietta, all’improvviso, muore.
Quando Caterina dichiara il suo desiderio di vedere la sorella in forma di fantasma, piuttosto che non vederla più, gli zii si spaventano e pensano subito a maritarla. Interviene allora una sensala, la signora Tita. Presenterà alla ragazza un brav’uomo, promette, un professore. Seguono incontri e passaggi. Caterina farà di tutto per dissuadere il futuro marito e alla fine ci riuscirà.
Anche Camilla farà allontanare un uomo che, secondo la madre, avrebbe dovuto sposare. Gli spostamenti della ragazza, accompagnata dalle sorelle, nelle calde giornate estive, ricordano certe commedie cinematografiche degli anni cinquanta.
La prosa è elegante, scorrevole, la lingua letteraria: l’espressione dialettale usata per sottolineare situazione o caratteri del personaggio.
Al di là del tono scelto è come se la scrittrice volesse dar conto del conformismo di certi suoi perfidi personaggi, e in modo particolare del concetto di natura di cui, a volte, essi cianciano e alternasse perciò il tono comico con quello drammatico.
È come se ponesse a noi e a se stessa le seguenti domande: «Che cosa c’è di naturale, in tutta questa cattiveria, nel rancore della nonna e della zia di Luciuzza, Pietra? Cosa di naturale, nell’atteggiamento di Angela, la cognata di Bibò? Cosa nel desiderio di Marina che Eliodoro le stia di fianco, sempre e per sempre? Perché Caterina dovrebbe sposarsi, se non è questo il suo desiderio?».
Maria Messina
Figlia di un’aristocratica, Gaetana Valenza Trajna, e di un ispettore scolastico, Gaetano, Maria Messina è nata ad Alimena (Palermo) nel 1887.
Ha viaggiato molto durante l’adolescenza, per via del lavoro paterno, e dopo un periodo a Mistretta in provincia di Messina, si è trasferita con la famiglia a Napoli nel 1911.
Ha cominciato giovanissima a pubblicare. La sua prima raccolta di racconti, Pettini fini è del 1909, l’ultima, Ragazze siciliane, del 1921.
In mezzo, romanzi (Alla deriva, del 1920, L’amore negato, del 1928 fra i più belli), storie destinate all’infanzia, una fitta corrispondenza con l’editore Giovanni Bemporad, Ada Negri e Giovanni Verga, articoli e pubblicazioni su riviste e giornali. Maria Messina muore a Pistoia, di sclerosi multipla, nel 1944.
Riproposta da Annie Messina e Leonardo Sciascia è stata ristampata dalla casa editrice Sellerio. Nel 2020 sono uscite Tutte le novelle, a cura di Antonio di Silvestro, per le edizioni Croce di Roma.
Libri utili:
Barbarulli C., Brandi L., I colori del silenzio. Strategie narrative e linguistiche in Maria Messina, Ferrara, 1996
Bartolotta L., Maria Messina (1887-1944), Mistretta, 2006
Caracoglia V., Una Mansfield siciliana Maria Messina, Villanova di Guidonia (Roma), 2015
Cresci P., Guidobaldi L., (a cura di), Partono i bastimenti, 1980
Di Giovanna M., La fuga impossibile: sulla narrativa di Maria Messina, Napoli, 1989
Fiume M., (a cura di) Siciliane. Dizionario biografico, SR, 2006
Garra Agosta G., (a cura di) Un idillio letterario inedito verghiano: lettere inedite di Maria Messina a Giovanni Verga, Catania, 1979
Giordano F., Mistretta e Maria Messina: un legame secolare, Tricase (Lecce), 2016
Pausini C., Le briciole della letteratura: le novelle e i romanzi di Maria Messina, Bologna, 2001