
Orlando (1928) di Virginia Woolf è un libro che andrebbe fatto leggere, prima di tutto, a scuola, agli adolescenti.
Non solo perché è divertente, come può esserlo Alice nel paese delle Meraviglie (1865) di Lewis Carroll, con questo personaggio che va avanti e indietro nella Storia (e intendo proprio la storia degli esseri umani), e incontra personaggi reali (Carlo II) e personaggi immaginari (la zingara Rosina Pepita), ma anche perché attraverso la vita e le avventure del(la) protagonista, che incontriamo ragazzo all’inizio della narrazione nell’Inghilterra del XVI secolo, e seguiamo come donna per buona parte del romanzo, fino al secolo XX, scopriamo un modo di raccontare la sessualità che nessun metodo, discorso o trattato è mai riuscito a eguagliare.
Come sappiamo, la cifra di questo romanzo è un misto di comico e fantastico. Il fantastico sta, per esempio, nel fatto che a metà dell’avventura, quando Orlando si rifugia nella Costantinopoli del XVII secolo, dopo essere stato perdutamente innamorato e abbandonato da una Principessa Russa di nome Sasha, si addormenta di un sonno profondissimo e che dura a lungo. Fin qui, niente di nuovo: non c’è niente come un sonno profondo e che dura secoli per tenerci ben ancorati alle favole. La novità si misura con quello che succede una volta svegli: qui, Orlando non sarà più un uomo, ma una donna.
“Potessimo risparmiare al lettore ciò che verrà, dicendogli in poche parole: Orlando morì, e fu seppellito. Ma qui, ahimè, Verità, Equità e Onestà, austere divinità che fanno buona guardia presso gli inchiostri del biografo, gridano: «No!».”.
Woolf è molto chiara in proposito: non muore un uomo perché nasca una donna, né viceversa, ma i due esseri convivono e si alternano nello stesso soggetto. E per chi nutrisse dubbi, la risposta è nelle favole: a chi scrive bisogna credere sulla parola. L’immaginazione ha le sue regole, cui Verità, Equità e Onestà vanno dietro.
In quanto alla comicità, quella di Woolf sta nei caratteri.
Non si parla mai abbastanza di questo aspetto del suo lavoro, ed è un peccato: perché a leggere bene ciò che scrive, viene fuori spesso. Prendiamo allora Mr. Greene, lo scrittore. Quello cui Orlando, giovanissimo e aspirante autore, manda i suoi testi, lo stesso con cui si incontrerà di persona e che, proprio come il protagonista, vive attraverso i secoli.
Come tutti gli scrittori che non ce l’hanno del tutto «fatta», Mr. Greene si lamenta: «la letteratura è finita», dice. Non solo; fa al giovane Orlando tutta una tirata in cui cerca di dimostrare come i giovani d’oggi non scrivano più per la “Gloria” ma per il vile denaro.
Woolf, qui, coglie con un solo personaggio la tragedia del sistema letterario nel quale viveva (forse dovrei dire «del sistema letterario in generale»): ci fa ascoltare i discorsi sempre uguali, triti e ritriti, infarciti di retorica, di Mr. Greene, ma fa anche qualcosa in più. Sì, perché Mr. Greene, oltre a essere noioso, è anche buffo quando dice “Glauria” (da notarsi la bravura della traduttrice, Alessandra Scalero: nell’originale è La Gloire e Glawr) invece di “Gloria”.
Una pronuncia talmente tutta sua, personale, che Orlando non capisce di cosa stia parlando.
Fra gli altri, tanti motivi per cui questo libro andrebbe fatto leggere a scuola, ne citerò solo un altro. Virginia Woolf lo scrisse pensando alla sua amica, e amata, Vita Sackville-West. Che scrivendolo abbia molto pensato a lei, lo possiamo dedurre anche dalla foto allegate. Le didascalie, proprio come facciamo noi oggi con Instagram, (o come si faceva una volta con i diari, o le lettere) hanno spesso un significato molto personale, diciamo differente da quello che le immagini raffigurano. Prendiamo, per esempio, la numero 8. Vi troviamo Vita Sackville West, appoggiata a un cancello di legno, con due cani al guinzaglio: “Orlando al momento attuale” (1928, ndr), ci scrive Woolf sotto.
Questo vuol dire che secondo l’autrice il personaggio del romanzo è Vita Sackville West?
Se da una parte è possibile, c’è da dire, dall’altra, che l’autrice è stata talmente brava a narrare la storia di una vita avventurosa da rendere irrilevante la ricerca della vera identità del(la) protagonista. Un appunto: le foto di cui parlo, qui allegate, in molte delle edizioni in italiano di Orlando, non ci sono: sono otto, disseminate, a due a due, per tutto l’entusiasmante e bellissimo, romanzo.
Alessandra Scalero
Ricordata quasi esclusivamente come traduttrice, Alessandra Scalero, nata a Torino nel 1893 è un'importante figura di intellettuale a torto sottovalutata: non solo perché contribuì, durante il fascismo, a diffondere testi e autori stranieri (Willa Cather, John Don Passos, Virginia Woolf fra gli altri), ma per l'azione, in qualche modo tutta politica, che svolse.
Figlia di un musicista, Rosario Scalero, e di Clementina del Grosso, segue, con le sorelle Liliana (anche lei futura traduttrice e scrittrice) e Maria Teresa (futura bibliotecaria) la famiglia fra Londra, Vienna e Lione.
Nel 1907, sempre per impegni paterni, è a Roma, dove frequenta il Liceo, il Tasso, che però non finisce per motivi di salute. Si iscrive invece alla scuola infermieristica del Policlinico Umberto I e come infermiera presta servizio durante la Prima guerra. Finito il conflitto va a lavorare presso la Red Cross statunitense che aveva allestito ospedali da campo in tutta Italia. È a partire dal 1928 che Alessandra comincia a lavorare come corrispondente da New York per la rivista "Lo Spettacolo d'Italia" di Alessandro Blasetti. Dal 1930 lavora invece come traduttrice per l'editore Corbaccio e dal 1932 inizia la sua collaborazione con l'editore Mondadori e la collana La Medusa. Oltre che la Woolf, ha tradotto Alfred Döblin, Daphne Du Maurier, Jakob Wassermann e compilato innumerevoli schede e pareri di lettura. Prima di morire, a soli 51 anni, nel 1944, per i postumi di un intervento chirurgico, fece in tempo ad avviare con Adriano Olivetti, anche lui piemontese, una nuova casa editrice, la "Nuove edizioni Ivrea" precorritrice delle "Edizioni di Comunità".
Libri utili:
Ada Gigli Marchetti, Le edizioni Corbaccio. Storia di libri e di libertà, Franco Angeli, Milano, 2000
Elisa Bolchi (sta in): Rivista Tradurre, Un pilastro della «Medusa». Alessandra Scalero nel carteggio con la sorella Liliana, Numero 14, 2018
Virginia Woolf
Virginia Stephen nasce a Londra nel 1882.
Suo padre Leslie è un famoso storico, critico letterario, sua madre, Julia Prinsep-Jackson, nata in India, ha lavorato come modella per pittori. I due, entrambi vedovi, hanno già avuto figli (George, Stella e Gerald Duckworth, lei; Laura Stephen, lui). Assieme ne avranno altri quattro. Virginia è la terza (prima di lei Vanessa e Toby, dopo, Adrian). Per ciò che riguarda l'educazione, intense letture e lezioni private, come era d'uso per le ragazze dell'epoca. Nel 1895, quando la futura scrittrice ha tredici anni, la madre muore, e nel 1897 se ne va anche Stella Duckworth, una delle sorelle.
Cominciano le prime crisi nervose.
Segue corsi di greco e storia al King’s College. Nel 1904, muore il padre. Poco dopo inizia la sua collaborazione al Guardian e, coi fratelli si trasferisce in una casa a Gordon Square, a Bloomsbury. E. M. Forster, Clive Bell, Lytton Strachey, l'economista John Maynard Keynes sono loro amici. Nel 1906 muore l'amato fratello Toby. Nel 1912 Virginia sposa Leonard Woolf, teorico della politica, pacifista, politicamente impegnato, e nel 1915 pubblica il suo primo romanzo: La Crociera. Un paio d’anni dopo fonda, col marito, la Hogarth Press. Lavora per il Times Literary Supplement.
Il 1919 è l'anno del romanzo Notte e giorno. Per la Hogarth Press, escono testi e volumi di autori e autrici che si riveleranno fondamentali, e non solo per la cultura del tempo (Katherine Mansfield e T.S. Eliot, per esempio). Nel giro di cinque anni escono tre fra i testi narrativi più noti dell'autrice: La stanza di Jacob (1922), Mrs. Dalloway (1925) e Gita al faro (1927).
Del 1928 è Orlando, esplicito omaggio alla sua relazione con la scrittrice Vita Sackville -West. L'anno dopo esce il suo saggio politico forse più importante, Una stanza tutta per sé.
Nel 1931 pubblica uno dei suoi romanzi più belli e innovativi: Le onde. Nel 1932 esce la seconda serie de Il lettore comune (la prima era uscita nel 1925), una raccolta di recensioni e saggi critici.
Tra il 1933 e il 1938 escono Flush, una biografia del cane di Elizabeth Barrett Browning, il romanzo Gli anni, e un altro importante saggio femminista: Le tre ghinee. Si ripresentano gli stati depressivi.
La situazione in Europa è sempre più difficile. Virginia Woolf sta male. Nel 1940 pubblica Roger Fry, biografia dell’amico, artista e critico d’arte inglese.
Il romanzo Tra un atto e l’altro uscirà poco dopo la morte, per suicidio, dell'autrice avvenuta nel 1941.
Virginia Woolf, che lascia anche racconti (I giardini di Kew e Il lascito, fra i più belli, a mio parere), un importante Diario, e delle Lettere, essenziali per la comprensione del suo lavoro, è una figura ormai leggendaria, per storia e autorevolezza, e non solo del femminismo. È stata immortalata al cinema, nel 2002, da Stephen Daldry in The Hours (dal romanzo di M. Cunningham del 1998), da Chanya Button, nel 2018, in Vita & Virginia (dall'opera teatrale di Eileen Atkins, del 1992).
Notevole anche il film di Marleen Gorris, del 1997, Mrs. Dalloway, tratto dal romanzo omonimo.
La sua opera è stata tradotta in più di cinquanta lingue.
Libri utili:
Q. Bell, Virginia Woolf, Garzanti, Milano, 1974 e 1994
R. Bertinetti, Virginia Woolf: l'avventura della conoscenza, Jaca Book, Milano, 1985
A. Brawer, Ritratto come autoritratto: Al faro di Virginia Woolf, Torino, 1987,
E. Cecchi, Scrittori inglesi e americani: Byron, Carlyle, Melville... [et al.], Giuseppe Carabba Editore, Chieti, 1935
V. Curtis, Virginia Woolf e le sue amiche, La Tartaruga, Milano, 2005
E. Di Piazza, Virginia Woolf nella critica italiana, Palermo, 1975
N. Fusini, Possiedo la mia anima: il segreto di Virginia Woolf, Mondadori, Milano, 2006
J. Goldman, The feminist aesthetics of Virginia Woolf: modernism, post-impressionism and the political of the visual, Cambridge, 1998
A. Guiducci,Virginia e l'Angelo, Longanesi, Milano, 1991
H. Lee, Virginia Woolf, Londra, 1996
O. Palusci (a cura di), La tipografia nel salotto: saggi su Virginia Woolf, Torino, 1999
L. Rampello, Il canto del mondo reale: Virginia Woolf, la vita nella scrittura, Milano, 2005
E. Rombi, La proliferazione del senso: James Joyce, Virginia Woolf, Pisa, 1994,
G. Spina, Il romanzo psicologico di Virginia Woolf, Genova, 1980
P. Rose, Virginia Woolf, Editori Riuniti, Roma, 1980
P. Zaccaria, Virginia Woolf: trama e ordito di una scrittura, Bari, 1980