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Sono Parigi e Londra le due città del titolo di questo romanzo, forse fra i meno dickensiani in assoluto dell'autore di Portsmouth.

Pubblicato nel 1859 e tradotto in italiano per la prima volta nel 1923 da Silvio Spaventa Filippi, per la casa editrice Sonzogno di Milano, questo A Tale of Two Cities tiene assieme romanzo storico e familiare, vicenda d'avventure e trame d'amore, per narrare la storia di un uomo rinchiuso ingiustamente nella Bastiglia, durante gli anni della Rivoluzione francese.

È una storia di immigrazione, pure, in cui la trama è portata avanti, condotta, dai contrasti e le situazioni cui gli spostamenti, i saliscendi geografici e di classe, danno luogo. 

Tutto comincia quando Manette, un medico inglese, ormai anziano, viene ritrovato dalla figlia Lucia nella città francese. 

È in cattive condizioni fisiche, durante gli anni del carcere è stato maltrattato, ed è psicologicamente labile.  Inutile dire che da questo incontro, da questa occasione, ne verranno fuori altri: Lucia conoscerà Darnay, un aristocratico francese, e assieme avranno, a loro volta, una figlia.

C'è poi il motivo del doppio, che qui ha le caratteristiche dell'uomo generoso che si sostituirà all'eroe, una sorta di vera e propria controfigura di Darnay, innamorato come lui di Lucia. 

L’amore di una donna per il proprio padre non è un tema nuovo, non lo è in assoluto per ciò che riguarda i romanzi dell'epoca,  e non lo è per Dickens, che pochissimi anni prima l’aveva affrontato ne La piccola Dorritt, ambientato anche quello, in parte, proprio in una prigione.

Anche il tema dell’incontro fra la borghese e l’aristocratico è stato fin troppo sfruttato in letteratura, ma qui l'autore inglese approfondisce caratteri e motivi, partendo dal fatto storico. 

La Rivoluzione diventa un vero e proprio motore, sociale e organizzativo, un sistema capillare che tutto travolge e trasforma, in particolar modo gli individui e le soggettività.

Darnay, per esempio, aristocratico per nascita, non è qui solo un uomo che rinnega la sua famiglia, il censo e i quarti di nobiltà, un ribelle, insofferente al sistema, e a quello di appartenenza in particolare, ma anche un politico costretto a difendersi dall’accusa dei rivoluzionari, di essere una spia. 

E ancora, a proposito di opposizioni e contrasti: uno dei personaggi più belli è sicuramente Madame Defarge, una rivoluzionaria dura e volitiva, una ostessa.

La sua vita dietro al bancone, il suo lavoro, in sintonia, anche qui, con un luogo comune letterario, le permettono di essere informata, non solo, ma anche di far circolare velocemente le informazioni, e non solo quelle politiche. Il suo obiettivo esistenziale, da quando gli aristocratici hanno sterminato la sua famiglia, è di usare, quanto più è possibile, la ghigliottina.

Annientare il nemico, questo il suo programma.

Lo scrittore non si esprime attraverso opinioni politiche, o giudizi morali immediati, ma attraverso la cura e il disegno dei personaggi, così come dei legami che stabilisce fra loro.  

Il dolore e la voglia di vendicarsi della Defarge hanno la loro ragione d’essere, di esistere, ci dice. 

Il racconto che uno dei personaggi fa, degli uomini che infieriscono sulla famiglia della ostessa, non lascia dubbi: è atroce. La domanda che l’autore sembra porsi è, però, un'altra, ed è  questa: «Può una persona che abbia subito un torto continuare a nutrire una così forte voglia di vendetta? A cosa porta?». 

E soprattutto: come si può allargare una colpa che riguarda singole persone ad un’intera classe sociale, ad un intero mondo? 

Anche per quel che riguarda lo sviluppo tecnologico, lo scrittore, più che dare risposte certe, sembra soprattutto porre domande. 

Il motivo del sistema che organizza il lavoro di uomini e donne, e così facendo li sottomette, li opprime, che ne La piccola Dorritt, del 1855, prende le forme della prigione e in Il nostro comune amico, del 1864, quello della fabbrica, è qui ripreso.

Quali sono i rischi di un’organizzazione totale, per quanto funzionante?

Dove sta l’efficacia di un tale modello? 

In Tempi difficili, del 1854, le stesse curiosità riguardavano la scuola.

Quasi impossibile che il sistema burocratico, giuridico, con i suoi cavilli e le sue inutili sovrastrutture, altro tema affrontato in Casa desolata, del 1852, consideri le vite dei singoli e delle singole come degne di essere vissute: più facilmente porterà con sé sofferenza, dissidi, dolore e incomprensioni.  

E ancora, la Rivoluzione Francese come un evento storico, un fatto documentato, su cui si fonda la biografia di un intero paese. Ma la letteratura non è la storia. Dickens, che condanna la ghigliottina per l'automazione della morte che porta con sé, esercita la propria arte ridicolizzando quelli e quelle che non riescono a fermarsi davanti alla lama metallica: terribile e comico assieme, il modo di tenere il conto delle teste quotidianamente mozzate. 

La capacità di Dickens di tenere assieme il registro tragico con quello comico, considerato il tema «forte», è qui, davvero, al suo meglio. 

Silvio Spaventa Filippi

Nato in provincia di Potenza, in Basilicata, ad Avigliano, nel 1871, Silvio Spaventa Filippi studiò all’Aquila e visse a Roma, dove lavorò come redattore. Nel 1900 si trasferì a Milano dove (dopo un periodo al Corriere della Sera), fondò, nel 1908, il Corriere dei Piccoli, che diresse fino alla morte nel 1931.

Appassionato di letteratura umoristica, tradusse dall’inglese, oltre a Charles Dickens, Jerome K. Jerome (Tre uomini in barca, Tre uomini a zonzo), Lewis Carroll (Alice nel paese delle meraviglie), Thackeray (Il libro degli snob), P.G. Wodehouse (Avanti, Jeeves!).

Scrisse anche romanzi (Intorno a se stesso, 1896 e Il castello dell’allegria, 1934), poesie, e saggi dedicati al suo tema prediletto e agli autori amati (L’umorismo e gli umoristi, 1932; Jerome K. Jerome, 1925; Charles Dickens, 1924).

Dall’inglese ha tradotto anche Emily Brontë, Aldous Huxley, Mark Twain, George Eliot, Luisa May Alcott. Dal francese Anatole France, Xavier de Maistre.

Libri utili:

Santino G. Bonsera (a cura di), Silvio Spaventa Filippi: fondatore e direttore del "Corriere dei Piccoli", 1908-1931. Testimonianze e inediti, Potenza, 2003

Silvia Spaventa Filippi, Silvio Spaventa Filippi e il Corriere dei Piccoli, Venosa, 1987
 

Charles Dickens
 

Charles Dickens è uno dei più importanti e noti autori della letteratura universale. 

Nato, nel 1812, a Portsmouth, da John Dickens ed Elizabeth Barrow, si è spesso ispirato alla sua adolescenza. Come molti dei suoi protagonisti  è andato a lavorare giovanissimo,  prima in una fabbrica di lucido per scarpe, poi in uno studio legale, infine come cronista, e come loro ha visto il padre andare in prigione per debiti, e rimanerci a lungo. 

Il suo primo romanzo, Il circolo Pickwick è del 1836. 

Ne pubblicherà quindici, di romanzi, in trentaquattro anni.

L’ultimo, Il mistero di Edwin Drood, è del 1870, ed è incompleto perché l’autore morì mentre lo scriveva.     

In mezzo, veri e propri capolavori: La bottega dell’antiquario (1840), Casa desolata (1852), Grandi speranze (1860), Il nostro comune amico (1864), fra gli altri.  

Libri che hanno modificato il modo di raccontare una storia e contribuito a creare quelli che, per comodità, sono definiti veri e propri generi (il cosiddetto romanzo di formazione, per esempio, quello sociale, ma anche quello, umoristico o dell’orrore). 

Dickens è, ancora oggi, in tutto il mondo, considerato un maestro da scrittori, scrittrici e, più in generale, appassionati di narrativa. 

Ha scritto anche racconti (Canto di Natale, 1843; Il patto col fantasma, 1848) e diari di viaggio. È stato giornalista, oratore e polemista politico. 
 

Libri utili:

 

G.K. Chesterton (a cura di E. Rialti), Una gioia antica e nuova: scritti su Dickens e la letteratura, Milano, 2011 

 

M.T. Chialant, Ciminiere e cavalli alati: strategie contrastive nella narrativa di Charles Dickens, Napoli, 1988 

J. Foster, Vita di Carlo Dickens, Milano, 1879

 

F. Fraioli, A. Baiano, Dickens e il suo tempo: il pensiero utilitaristico in Hard Times e l’analisi delle figure femminili in David Copperfield, Napoli, 1998

 

A. Fumagalli (a cura di), Charles Dickens e il suo tempo, Bergamo, 1988

 

M. Sestito (a cura di), Readings: Il Circolo Pickwick, Dombey e Figlio, Un Canto di Natale, David Copperfield, Oliver Twist a teatro, Venezia, 2012

 

S. Spaventa Filippi, Carlo Dickens, Milano, 1941

 

C. Tomalin, La donna invisibile: la storia di Nelly Ternan e Charles Dickens, Mi, 2016

 

S. Zweig, Balzac, Dickens, Dostoevskij, Milano, 1945  

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